Insonnia

E sfindo chiunque, a non aver mai avuto una notte con gli occhi fissi al soffitto.

Qui non si dorme da una settimana circa e ci si alza dal letto la mattina ancora abbracciati al cuscino, una gamba del pigiama arrotolata al ginocchio (dio quanto odio questo), una invece striscia miserevolmente sul pavimento, mentre cerchi ad occhi chiusi di raggiungere la cucina e fare da sveglia al resto della ciurma.

La cucina. Il posto più vissuto di una casa, luogo di convivio, condivisione, incontro…il mio luogo. Ci lavoro in smart working per minimo 9 ore al giorno, 10 ore. Montassi una brandina accanto al tavolo sarebbe il mio monolocale.

Non ne posso più. Ogni giorno sembra uguale, l’unica cosa che cambia è il grado di sclero, ansia, timore. Cambia in termini di intensità.

La stessa intensità che cerco di sfruttare, di notte, per cercare di dare pace alla mia stanchezza ed ai pensieri. Intensità adrenalinica che vieta ai miei occhi di assopirsi.

Siamo chiusi in casa da Marzo per via della pandemia.

Vivere senza libertà è una dura prova da affrontare (io mi ritengo comunque fortunata). C’è gente che ha perso molto da un anno a questa parte.

Oggi ho letto la quarta mail aziendale, la quarta (nel giro di un anno) in cui si annuncia una data di rientro alle sedi ed è l’una il rimando dell’altra. Quest’ultima, a differenza delle altre, finalmente dice “non sappiamo che data darvi per il rientro questa volta” (scritta così, di getto).

E questo “non sappiamo”, questo “sono stanca voglio dormire”, questo “mi piacerebbe andare in un posto, un posto qualsiasi, purchè sia all’aria aperta e in libertà”, questo “per favore bambini, la mamma è stanca, vorrebbe rilassarsi con voi sul divano dopo cena, non vuole fare la lotta”

Ho lottato tutto il giorno.

Ora vorrei solo godermi il profumo dei vostri capelli e le vostre coccole.

Le coccole. Ce le andiamo a fare nel letto? Sento che mi si sta finalmente assopendo la mente dai pensieri.

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